UNO STUDIO PILOTA PER INDAGARE SE LA FORMAZIONE IN MICROESPRESSIONI MIGLIORI IL RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI NELLA SCHIZOFRENIA.

  • 11-01-2015
  • Amministratore

I deficit nel riconoscimento delle emozioni facciali sono una caratteristica della schizofrenia (Hooker & Park, 2002) e sono stati esplorati in una serie di studi empirici (Sachs, Steger-wuchse, Kryspin-Exner, Gur, e Katschnig, 2004; Kohler et al., 2003).
I pazienti con schizofrenia sono lenti a raccogliere segnali visivi (non verbali in genere e microespressioni) e sono soggetti ad errori di giudizio durante l’identificazione delle emozioni. Anomalie nella raccolta di dati (valutati utilizzando percorsi di scansione visivi) possono essere causa di questi deficit (Loughland, Williams, e Gordon, 2002) e possono fornire una via d’intervento. (altro…)

LO STILE DI PREPARAZIONE DEI DISCORSI POLITICI: LA RISPOSTA EMOTIVA A MICROESPRESSIONI DI EMOZIONI FACCIALI

  • 07-01-2015
  • Amministratore

Gli appelli televisivi a sostegno di leaders politici sono parte integrante ed importante di un processo politico che sfrutta come la presenza personale del leader venga percepita nel trasmettere un messaggio (Friedman et al 1980a, b;. Masters 1989; Miller e Stiles 1986). (altro…)

L’ALIENAZIONE SOCIALE NEI PAZIENTI AFFETTI DA SCHIZOFRENIA: L’ASSOCIAZIONE CON L’INSULA DELLE RISPOSTE ALLE ESPRESSIONI FACCIALI DI DISGUSTO.

  • 02-01-2015
  • Amministratore

Nella comunicazione di tutti i giorni le emozioni negative non sono spesso espresse apertamente, ma si manifestano in forma di microespressioni, cioè espressioni lievi e molto brevi di un’emozione.
Queste microespressioni svolgono una funzione di regolamentazione nelle interazioni sociali. È importante sottolineare che la sensibilità percettiva delle microespressioni differisce da individuo a individuo e può in alcuni casi rappresentare un vantaggio interpersonale. (altro…)

VEDI QUELLO CHE VEDO IO? IMPARARE A RILEVARE LE MICROESPRESSIONI.

  • 27-12-2014
  • Amministratore

Le pressioni a nascondere o mascherare i propri veri sentimenti possono causare manifestazioni emotive veloci o frammentate (chiamate microespressioni momentanee, Haggard e Isaacs 1966 o semplicemente microespressioni, Ekman e Friesen 1969).
Poiché la vita quotidiana presenta molte pressioni a nascondere o mascherare le proprie emozioni in funzione dello stato, della cultura, del contesto, della gentilezza, e così via (Ekman 1972), la capacità di percepire con precisione ed interpretare queste microespressioni migliorerebbe le nostre competenze interpersonali permettendo di comprendere meglio i veri stati emotivi degli individui.
La capacità di ”leggere” gli altri è vantaggiosa per la persona media ma in particolare per i medici e gli operatori della sicurezza la cui capacità di comprendere gli altri può portare a giudizi più completi per quanto riguarda le minacce contro sé stessi e contro le altre persone.
La migliore ricerca disponibile sull’occultamento delle emozioni suggerisce che questi segnali emotivi mascherati, in particolare le microespressioni, sono molto difficili da individuare (Ekman e Friesen 1969 1974a; Etcoff et al 2000;. Porter e dieci Brinke 2008).
Per questo studio sono stati reclutati da corsi universitari introduttivi sulla comunicazione 334 partecipanti ed è stato utilizzato un disegno a fattore fisso 3 (formazione con feedback dell’istruttore, il feedback dell’istruttore più la descrizione o autoformazione) x 3 (nessun rinforzo, rinforzo solo al tempo 2 o rinforzo solo al tempo 3) con tre gruppi di controllo che non hanno ricevuto alcun tipo di formazione (controllo di tipo tradizionale, controllo con ulteriore esposizione di oggetti o controllo con una lezione motivante). I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale ad ogni condizione.
Gli studenti coinvolti nella ricerca, sia durante l’addestramento ”solo feedback” sia durante l’addestramento ”istruito completamente”, hanno ricevuto la formazione METT (Micro Expression Training Tool) guidata da un istruttore altamente esperto nel settore delle espressioni e microespressioni facciali delle emozioni. La differenza consisteva nel fatto che l’addestramento con solo feedback riguardava unicamente commenti relativi alle microespressioni dell’emozione (disponibili nella sezione pratica del METT), mentre nell’addestramento completo l’istruttore ha anche discusso le sottili differenze tra le varie microespressioni e ha risposto alle domande poste dai partecipanti.
Anche i partecipanti alla condizione di formazione ”auto-guidata” hanno ricevuto una formazione tramite il METT, attraverso le sezioni di formazione, di feedback e di revisione delle METT su un computer (controllato dalla docente). Il gruppo di formazione auto-guidato è stato esposto agli stessi materiali previsti per l’istruzione completa del gruppo di formazione, ma all’istruttore non è stato permesso di rispondere alle domande o discutere sottili differenze, per rispecchiare così un vero ambiente di formazione auto-guidata.
Il periodo di tempo impiegato per tutte e sei le fasi di lavoro (sia di formazione che di controllo) è stato standardizzato in 25 minuti.

La condizione di istruzione completa e continuativa all’addestramento ha fornito risultati costanti ed è stata significativamente più accurata rispetto ad una o più condizioni di controllo su tutti e tre i post-test: il metodo migliore per utilizzare il METT in una breve sessione si è rivelato quello di esplorare a fondo tutte le sezioni del programma, tra cui la formazione e la revisione, avere un istruttore esperto in grado di descrivere le sottili differenze tra le espressioni, esercitarsi sull’identificazione degli elementi delle microespressioni e fornire un feedback ai soggetti. Ciò suggerisce che il feedback unito a tecniche di formazione supplementari può produrre una formazione più efficace.
Anche se il METT è stato concepito come uno strumento auto-didattico per formare al riconoscimento delle emozioni e delle microespressioni, questo metodo si è rivelato molto meno efficace rispetto alla formazione con un istruttore. La spiegazione per questo risultato potrebbe consistere nel fatto che l’addestramento completo con le istruzioni ha fornito sia più materiale (l’istruttore ha risposto alle domande) sia più entusiasmo per l’argomento, ma questo studio non chiarisce quale dei due fattori abbia fornito maggior beneficio.

(Tratto dalla rivista scientifica Motivation & Emotion, 2012 by Carolyn M. Hurley)

ALCOL VERSUS BEVANDE PLACEBO PER RIDURRE I SENTIMENTI DI TRISTEZZA: UNO STUDIO PILOTA.

  • 24-12-2014
  • Amministratore

Questa ricerca sottolinea il fatto che le persone consumano alcol per gestire sentimenti di tristezza (Sitharthan, 2006) e che è comune, per i bevitori problematici, citare stati d’animo negativi come una delle ragioni principali della ricaduta (Marlatt & Gordon, 1985). (altro…)

LA RUMINAZIONE RABBIOSA E DEPRESSIVA IN ADOLESCENZA: COMBUSTIBILE PER L’IRA E PER L’AGGRAVAMENTO DELLA DISPERAZIONE.

  • 22-12-2014
  • Amministratore

La ruminazione è un processo cognitivo disadattivo che coinvolge pensieri ripetitivi che sono invadenti ed avversi (Carson & Cupach, 2000; Nolen-Hoeksema, 1987, 1991, 1996).
Questo studio ha esaminato la ruminazione rabbiosa e quella depressiva nell’ambito dell’emozione di tristezza in un campione di adolescenti clinici alle prese con problemi di rabbia, aggressività e depressione. L’obiettivo era quello di estendere la ricerca sulla ruminazione rabbiosa agli adolescenti e valutare se la ruminazione rabbiosa e la ruminazione depressiva incentrata sulla tristezza si legano in maniera distinta a emotività e comportamento in linea con i risultati delle ricerche sugli adulti (Peled & Moretti, 2006). La prova di specificità potrebbe giustificare la concettualizzazione della ruminazione derivante dalla rabbia e quella derivante dalla tristezza come due costrutti distinti. (altro…)

RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI FACCIALI E MUSICALI NELLA MALATTIA DI PARKINSON.

  • 20-12-2014
  • Amministratore

Per quasi due decenni è stato ampiamente studiato nei pazienti con la malattia di Parkinson (PD) il coinvolgimento dei gangli basali nel riconoscimento delle emozioni facciali di base (gioia, tristezza, paura, disgusto, rabbia, sorpresa).
La maggior parte degli studi ha rivelato che il riconoscimento delle emozioni di disgusto e di paura erano le più compromesse, seguite da tristezza e rabbia, mentre il riconoscimento delle emozioni di gioia e sorpresa sembravano risparmiate. I pazienti con lesioni dell’amigdala hanno mostrato una compromissione nel riconoscimento emotivo sia delle espressioni del viso che di quelle musicali. (altro…)

STIMOLI DI TRISTEZZA FANNO LAVORARE DI PIÙ PERCHÉ CREANO TRISTEZZA?

  • 17-12-2014
  • Amministratore

Durante l’esecuzione di compiti cognitivi le persone mobilitano più risorse quando sono state esposte ad uno stimolo di tristezza rispetto a quando elaborano uno stimolo di gioia (Gendolla & Silvestrini, 2011; Silvestrini & Gendolla, 2011a), di conseguenza nella condizione in cui è presente uno stimolo di tristezza i compiti sono soggettivamente vissuti come più difficili. (altro…)

REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI TRA BAMBINI IN ETÀ PRESCOLARE SU UN CONTINUUM DI RISCHIO: IL RUOLO DELL’ADDESTRAMENTO MATERNO ALLE EMOZIONI.

  • 13-12-2014
  • Amministratore

Le capacità di regolazione delle emozioni è essenziale per il benessere psicologico e sociale dei bambini (Shipman et al. 2003). I bambini in possesso di queste competenze sono in grado di monitorare, valutare e modificare le reazioni emotive (Thompson 1994), o in altre parole, di gestire il flusso ed riflusso delle emozioni negative (Kopp 1989). La capacità di regolare efficacemente le emozioni è fondamentale per il successo dello sviluppo (Morris et al 2007.) ed è associata alla competenza sociale, mentre le difficoltà nella regolazione delle emozioni sono legate a disturbi di internalizzazione ed esternalizzazione dei sentimenti (Stansbury e Zimmermann 1999; Zeman et al., 2006). (altro…)

DURANTE LA FORMAZIONE DEI GENITORI PUO’ ESSERE INSEGNATA L’ABILITA’ DI PARLARE DELLE EMOZIONI AI BAMBINI CON PROBLEMI DI CONDOTTA?

  • 11-12-2014
  • Amministratore

I modelli di sviluppo dei comportamenti antisociali e i relativi risultati della ricerca sottolineano crescenti difficoltà dei bambini nelle competenze legate alle emozioni. Questa attenzione sul funzionamento delle emozioni nei bambini è un significativo passo avanti; infatti nonostante la diffusa visione teorica che le emozioni hanno una profonda influenza sulla cognizione umana, sulla percezione e sull’azione, vi è stata, fino a poco tempo fa, (altro…)