STIMOLI DI TRISTEZZA FANNO LAVORARE DI PIÙ PERCHÉ CREANO TRISTEZZA?

  • 17-12-2014
  • Amministratore

Durante l’esecuzione di compiti cognitivi le persone mobilitano più risorse quando sono state esposte ad uno stimolo di tristezza rispetto a quando elaborano uno stimolo di gioia (Gendolla & Silvestrini, 2011; Silvestrini & Gendolla, 2011a), di conseguenza nella condizione in cui è presente uno stimolo di tristezza i compiti sono soggettivamente vissuti come più difficili.
Il presente studio si è concentrato sul processo attraverso il quale influiscono stimoli emotivi di tristezza e gioia, una questione teorica importante che non è stata affrontata in studi precedenti. Quando viene chiesto di ”fare del loro meglio”, le persone che stanno vivendo un stato d’animo di tristezza mobilitano più energie per risolvere dei compiti cognitivi rispetto a persone che vivono uno stato d’animo felice, la difficoltà del compito è vissuta quindi come superiore in uno stato d’animo di tristezza piuttosto che in uno stato d’animo di gioia.
Grazie alla loro storia di apprendimento gli individui hanno stabilito infatti l’idea che la tristezza è associata alla fatica, mentre la felicità è associata alla facilità (ad esempio, Gendolla & Kru¨sken, 2002a, 2002b), tuttavia dato che gli effetti degli stimoli di tristezza e di felicità sullo sforzo di mobilitazione assomigliano a quelli degli stati d’animo coscienti tristi e felici, studi precedenti potrebbero non escludere la possibilità che gli stimoli emotivi abbiano suscitato sentimenti di tristezza o di gioia e che quei sentimenti fossero in realtà responsabili degli effetti dello stimolo emotivo sullo sforzo di mobilitazione.
Secondo l’integrazione di Wright (1996) sulla teoria dell’intensità motivazionale (Brehm & Self, 1989) con l’approccio di coping attivo (Obrist, 1981), lo sforzo si riflette sull’impatto dei beta-adrenergici del sistema nervoso sul cuore. Tale impatto è meglio riflesso come periodo di pre-eiezione cardiaca (PEP): l’intervallo di tempo (in ms) tra l’insorgenza dell’eccitazione ventricolare sinistra e l’apertura della valvola aortica (Berntson, Lozano, Chen & Cacioppo, 2004). Il PEP è sistematicamente influenzato dal livello della richiesta del compito pratico (Richter, Friedrich, e Gendolla, 2008) e la contrattura cardiaca può anche influenzare la pressione sanguigna sistolica (SBP) mediante il suo impatto sulla gittata cardiaca; così, anche le risposte SBP possono riflettere lo sforzo di mobilitazione (vedi Wright & Kirby, 2001).
Cinquantadue studentesse universitarie sane (età media 20,5 anni) hanno partecipato volontariamente e anonimamente all’esperimento (con remunerazione di 10 franchi svizzeri, pari a 11 dollari) e sono state assegnate in modo casuale al disegno sperimentale “between persons” 2 (Stimolo: gioia, tristezza) x2 (Segnale: nessun segnale, segnale).
Hanno guardato delle immagini al computer, che rappresentavano volti maschili e volti femminili con espressioni neutre, di tristezza e di gioia in prospettiva frontale a bassa risoluzione con espressioni facciali in scala di grigi tratte dalla banca dati Karolinska Directed Emotional Faces (AKDEF) (Lundqvist, Litton, & Ohman, 1998).
Per valutare il PEP cardiaco sono stati misurati in maniera non invasiva i segnali dell’ICG e dell’ECG con un sistema di Cardioscreen 1000 (Medis, Ilmenau, Germania). All’inizio della sessione le partecipanti hanno risposto a domande biografiche e hanno valutato il loro stato d’animo di tristezza o gioia con la Matthews, Jones e Chamberlain UWIST Mood Scale (1990) poi hanno guardato un documentario neutro di paesaggi (8 minuti) mentre sono state adottate misure di base fisiologiche. In seguito è stato loro proposto un compito di concentrazione mentale modificato: le partecipanti dovevano decidere se la lettera ”d” con due apostrofi fosse stata visualizzata sullo schermo del computer o no premendo un tasto per il ”sì” o un tasto per il ”no”. Stimoli di distrazione sono stati la lettera ”p” con due apostrofi e le lettere ”d” e ”p” con 1, 3, o 4 apostrofi. I soggetti hanno lavorato sotto l’istruzione ”fai del tuo meglio” e hanno cercato di rispondere in modo corretto e il più velocemente possibile.
Come previsto, le partecipanti che elaboravano stimoli di tristezza durante l’operazione di concentrazione mentale mobilitavano più sforzo diretto, come hanno rilevato le risposte relative alle prestazioni del PEP (Berntson et al., 2004), rispetto alle partecipanti che hanno elaborato stimoli di gioia, riflettendo un collegamento sistematico tra gli stimoli emotivi di tristezza o gioia, la richiesta del compito soggettivo, l’intensità dello sforzo e la prestazione.

(Tratto dalla rivista scientifica Cognition & Emotion, 2013 by Ruta Lasauskaite, Guido H. E. Gendolla and Nicolas Silvestrini-Department of Psychology, University of Geneva, Geneva, Switzerland)


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