RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI FACCIALI E MUSICALI NELLA MALATTIA DI PARKINSON.

  • 20-12-2014
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Per quasi due decenni è stato ampiamente studiato nei pazienti con la malattia di Parkinson (PD) il coinvolgimento dei gangli basali nel riconoscimento delle emozioni facciali di base (gioia, tristezza, paura, disgusto, rabbia, sorpresa).
La maggior parte degli studi ha rivelato che il riconoscimento delle emozioni di disgusto e di paura erano le più compromesse, seguite da tristezza e rabbia, mentre il riconoscimento delle emozioni di gioia e sorpresa sembravano risparmiate. I pazienti con lesioni dell’amigdala hanno mostrato una compromissione nel riconoscimento emotivo sia delle espressioni del viso che di quelle musicali.
In questo studio, ai pazienti con PD e al gruppo di controllo è stato somministrato un compito di riconoscimento emotivo del viso e della musica per tre emozioni primarie: paura, gioia e tristezza. Sono state scelte queste tre emozioni perché sono le più coerenti e universalmente riconosciute.
Tristezza, gioia e paura sono difatti inserite anche tra le emozioni base di Ekman; paura e tristezza (ma non gioia) sono poi catalogate come emozioni basilari da Arnold; mentre gioia e tristezza (ma non paura) sono catalogate come emozioni base da Oatley e Johnson-Laird (1987).
Dai risultati derivanti da questa ricerca ci si aspettava di rilevare una difficoltà maggiore nel riconoscimento facciale della tristezza e ancor più della paura, mentre nel riconoscimento musicale si ipotizzava una difficoltà selettiva verso la paura, ma non verso la tristezza o verso la gioia.
Sono stati reclutati 24 pazienti con PD (12 femmine, 12 maschi) dal Dipartimento di Neurologia dell’Ospedale di Reims e 24 soggetti sani (HC, 11 femmine, 13 maschi). I pazienti con malattia di Parkinson sono stati selezionati utilizzando i seguenti criteri: (i) erano ambulatoriali; (ii) dai primi sintomi erano trascorsi almeno 4 anni; (iii) la gravità della malattia si manifestava da lieve a moderata (Hoehn e Yahr fase <4). Tutti i pazienti erano medicalizzati durante il test e prendevano farmaci sia anticolinergici (9%) che agonisti dopaminergici (65%) anti-Parkinson.
A tutti i partecipanti è stato somministrato un compito di identificazione di genere composto da 10 stimoli del volto, derivanti per ogni emozione (paura, gioia, tristezza) da un solo volto femminile con variazioni di intensità da 0% (neutro) al 100% (espressione massima), per controllare la prosopagnosia e la compromissione dell’acuità visiva. Inoltre sono stati somministrati il Mini-Mental State Examination (MMSE) e la Mattis Dementia Rating Scale (DRS) al gruppo HC per scartare ogni sospetto di malattie neurodegenerative.

La presenza di un deficit nel riconoscimento delle emozioni di paura e tristezza dal viso ha confermato le precedenti relazioni in pazienti medicalizzati con PD; le scarse prestazioni dei pazienti con PD riguardo queste due emozioni non era né correlato con le funzioni cognitive o esecutive né con i sintomi depressivi o ansiosi. Il fatto che entrambi i gruppi raggiungevano punteggi migliori nel riconoscimento dell’emozione di gioia da stimoli del viso è indicativo di una differenza nei livelli della complessità degli stimoli.
Per l’attività di riconoscimento delle emozioni di paura, gioia e tristezza dalla musica, i risultati del presente studio non erano del tutto congruenti con quelli riportati nello studio di Van Trich et al. che ha registrato una diminuzione nel riconoscimento della paura nei pazienti con malattia di Parkinson. Al contrario i risultati di questo studio hanno rivelato che i pazienti con malattia di Parkinson sono stati impareggiabili nel riconoscere tutte e tre le emozioni che sono stati testate (paura, gioia e tristezza).
Il risultato più eclatante di questo studio è che i pazienti con malattia di Parkinson, anche quelli con gravi deficit cognitivi, hanno subito una riduzione nel riconoscimento delle emozioni di paura e tristezza del viso, ma non nel riconoscimento degli stimoli musicali. Questa dissociazione è in contrasto con le prestazioni dei pazienti con lesioni dell’amigdala che hanno subito una riduzione nel riconoscimento emotivo sia da stimoli del viso che musicali.
E’ interessante notare che la stimolazione basata sui segnali ritmici uditivi è stata utilizzata con successo dai medici per migliorare la velocità di passeggio, il movimento e il controllo del linguaggio nei pazienti con malattia di Parkinson.

I risultati del presente studio suggeriscono che la musicoterapia potrebbe essere utilizzata nei pazienti con PD come approccio non farmacologico per i sintomi depressivi e ansiosi.

 

 

(Tratto dalla rivista scientifica European Journal of Neurology, 2013 by A. Saenz, A. Do e de Maindreville, A. Henry, S. de Labbey, S. Bakchine and N. Ehrl)


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