Emozioni espressioni facciali e disturbo mentale
- 04-09-2019
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La comunicazione non verbale invia importanti messaggi riguardo alle emozioni che proviamo. In particolare, il volto sembra essere il canale più espressivo e spontaneo della comunicazione non verbale. Sembrerebbe, infatti, che sia molto complesso riuscire a controllare le espressioni facciali.
Molte ricerche hanno cercato di individuare se le persone affette da disturbo mentale avessero dei comportamenti facciali particolari ma i risultati degli studi sono molto contrastanti.
Una ricerca di Peham e colleghi (2015) ha esaminato il comportamento facciale dei pazienti con disturbo mentale mentre effettuavano un colloquio clinico su diversi aspetti difficili della vita.
La comunicazione non verbale è stato codificata tramite il sistema FACS (Facial Action Coding System) in 90 soggetti di sesso femminile (74 con disturbi mentali e 16 pazienti sani). Sono state calcolate le differenze nel comportamento facciale utilizzando l’EmFACS (Emotional Facial Action Cosing System) tra i vari gruppi diagnostici che avevano diversi disturbi (disturbo borderline di personalità, depressione, disturbi d’ansia, disturbi somatoformi, disturbi alimentari) e i controlli sani.
Prima di passare ai risultati ricordiamo la differenza tra i sistemi di codifica e decodifica. I sistemi di codifica delle espressioni facciali sono basati sull’osservazione dei cambiamenti fisici del volto dovuto alle contrazioni di muscoli specifici, danno quindi la descrizione di ciò che accade sul volto. Il sistema FACS (Facial Action Coding System) è un sistema di codifica.
I sistemi di decodifica osservano le modifiche che appaiono sul volto e danno significato ai vari cambiamenti. Il sistema EmFACS (Emotional Facial Action Cosing System) è un sistema di decodifica.
Analizzando le osservazioni non sono state riscontrate differenze significative nella comunicazione non verbale tra i diversi gruppi diagnostici e non era correlata con la gravità clinica del disturbo. Gli autori dello studio rivelano quindi che non sono riusciti a trovare prove di un comportamento specifico dei disturbi. I limiti indicati dai ricercatori sono il fatto di aver osservato tali comportamenti in un contesto di colloquio clinico e non in un contesto naturale ed inoltre che i disturbi mentali indagati sono molte volte in comorbidità con altri disturbi così da rendere molto difficile la distinzione tra un disturbo e l’altro.
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Bibliografia
Peham D., Bock A., Schiestl C., Huber E., Zimmermann J., Kratzer D., Dahlbender R., Biebl W. & Benecke C. (2015). Facial Affective Behavior in Mental Disorder. Journal of Nonverbal Behavior, 39:4, pp 371-396