L’IMPORTANZA DEL COMPORTAMENTO NON VERBALE: I PROBLEMI PER LA SELEZIONE, FORMAZIONE E VALUTAZIONE.

  • 08-02-2015
  • Amministratore

In questo articolo le autrici riassumono i lavori di Levine e Ambady sottolineando l’importanza del comportamento non verbale nel rapporto medico-paziente. Il loro esame conferma come la soddisfazione del paziente, il coinvolgimento e la partecipazione attiva nei piani di gestione e, in ultima analisi, i migliori risultati di guarigione siano associati ad un comportamento non verbale efficace.
Il comportamento non verbale ha il potenziale per evitare malintesi o confusione, soprattutto quando il medico e il paziente provengono da diversi gruppi culturali, pertanto gli autori vorrebbero incoraggiare la riflessione sui comportamenti non verbali all’interno della formazione e dello sviluppo professionale.
Il comportamento non verbale opera per lo più a livello inconscio o almeno in modo automatico e la ricerca in psicologia lo descrive come una rapida cognizione con la quale noi processiamo le informazioni molto velocemente nei primi 2 secondi di un incontro e raggiungiamo conclusioni che possono essere molto utili, ma anche pericolose. Inoltre, come fanno notare gli autori, il comportamento non verbale è influenzato dallo stato sociale e dai rapporti di potere (ad es. durante le visite mediche).
Il comportamento non verbale produce una forte influenza sui risultati dimostrando un
‘impegno’ o un ‘disimpegno’ con i pazienti, che può aumentare la fiducia, la soddisfazione e la partecipazione e può contribuire al miglioramento delle condizioni di salute del paziente, come anche il contrario.
Gli autori sostengono che tali disparità potrebbero essere anche presenti durante le interazioni insegnante-studenti, sarebbe quindi utile controllare che i materiali educativi non rafforzino involontariamente gli stereotipi, presentando casi «archetipi», soprattutto se gli atteggiamenti negativi sono associati a questi stereotipi. Inoltre Levine e Ambady sottolineano che la sfida per gli educatori consiste nel fatto che la presa di coscienza del comportamento non verbale può portare ad imbarazzo e ansia e paradossalmente causare più disimpegno con i pazienti. Questo processo significa inevitabilmente muoversi da un’incompetenza inconscia ad una competenza conscia, che è un punto di partenza necessario ma un posto scomodo dove trovarsi. Gli autori sostengono un processo in cui gli studenti siano incoraggiati a sviluppare una curiosità, un senso di controllo sulle cose che richiede la promozione di una ‘mentalità di apprendimento’ ed il riconoscimento che lo sviluppo professionale dipende dal riconoscere gli errori che saranno effettuati e dall’impegno ad imparare successivamente da essi.
Decidere se il comportamento non verbale di qualcuno è un riflesso della socializzazione culturale o una dimostrazione di attitudini personali o una combinazione di entrambi può essere una questione difficile. Identificare quali comportamenti sono importanti per facilitare risultati positivi nel paziente è un passo fondamentale per capire come possiamo cambiare per migliorare le interazioni ed il comportamento non verbale con i pazienti, ma gli autori sollevano anche la questione che, anche se consapevoli di questi problemi, le persone potrebbero non sentirsi in grado di cambiare. Creare delle sessioni sulla capacità di comunicare costituisce un’opportunità per discutere le interpretazioni culturali di ognuno, ad esempio chiedendo che cosa significhi distogliere lo sguardo o non accettare un contatto oculare.
In conclusione Levine e Ambady creano un caso forte su come il comportamento non verbale è cruciale per i risultati clinici dei pazienti. Diventando consapevoli di questi problemi nasce l’opportunità di affrontarli e, anche se complessa e non facile da affrontare, si tratta di una sfida educativa emozionante.

 

 

(Tratto dalla rivista scientifica Medical Education, 2013 by Sandra Nicholson & Annie Cushing – Institute of Health Sciences Education, Barts and The School of Medicine and Dentistry)


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