Analisi scientifica delle microepressioni

  • 26-05-2018
  • Amministratore
Corso sulle tecniche e metodi di lettura delle espressioni facciali

Le microespressioni sono state scoperte dai ricercatori E. A. Haggard e K. S. Isaacs nel 1966 mentre analizzavano delle immagini di alcuni filmati di psicoterapia, in cerca di segni non verbali.
Esaminando attentamente i filmati dei colloqui con una paziente psichiatrica di nome Mary, che cercava di dissimulare il suo piano di suicidio, Haggard rilevò una microespressione di tristezza, subito coperta da un sorriso.

 

Si tratta quindi del primo studio di analisi scientifica delle microespressioni. Dopo diversi anni di studio tali scoperte vennero riprese dallo psicologo Paul Ekman, che le divulgò. Anche se spesso se ne attribuisce a lui la scoperta, soprattutto grazie alla notorietà del telefilm Lie to me, non fu però direttamente lui a scoprirle. Ma l’analisi scientifica delle microespressioni non è stato per primo Paul Ekman.

La parola “micro” potrebbe erroneamente indurre a credere che parlando di microespressioni ci si riferisca a movimenti del volto di bassa intensità. In realtà si tratta di espressioni che durano 1/4 di secondo, sono velocissime ed incontrollabili. Con il termine microespressioni si fa quindi riferimento a manifestazioni dell’intera mimica facciale, con un’attività che può interessare l’intero volto e un’intensità che può essere elevata, ma con una durata molto breve. Inoltre le microespressioni possono essere associate e tutte le emozioni, rivelandosi ricche di significato e atte a rivelare appieno un’emozione nascosta. Se la durata di tali movimenti supera invece il 1/4 di secondo sono definite semplicemente espressioni facciali.

 

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