Analisi del comportamento non verbale nell’autismo

  • 31-05-2018
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analisi non verbale
Master in Tecniche e metodi di analisi del comportamento non verbale

Diverse ricerche sul comportamento non verbale indicano l’esistenza di differenze riguardo all’espressività emozionale del volto nelle persone affette da disturbi dello spettro autistico.

Un’espressione facciale è un comportamento muscolare, il quale necessita di un perfetto funzionamento neurofisiologico. Incoraggiati dagli scritti di Darwin, ricercatori eminenti come Izard ed Ekman hanno sviluppato negli anni ‘70 e ‘80 un insieme di teorie, metodi e prove sull’analisi del comportamento non verbale che nel loro insieme formano il cosiddetto Programma Espressione Facciale.

Gli psicologi hanno ampiamente accettato come assioma fondamentale della scienza comportamentale il legame tra le espressioni facciali e le emozioni. In sostanza, l’emozione spiegherebbe il comportamento facciale e il comportamento facciale sarebbe un indice oggettivo dell’emozione. Un altro assunto di base molto importante afferma che le emozioni di base sono determinate geneticamente, pertanto esse sono universali e distinte e il loro numero è ben delimitato.

Negli anni ’80 Snow, Herzig e Shapiro (1987) hanno osservato le espressioni emozionali del volto di persone con diagnosi di autismo e hanno rilevato che essi mostrano un minor numero di emozioni positive. Successivamente, Yirmiya, Kasari, Sigman e Mundy (1989) hanno analizzato le espressioni facciali di bambini affetti da autismo attraverso il Maximally Discriminative Movement Coding System (Izard, 1979). I risultati della loro ricerca hanno indicato che in queste persone appaiono espressioni facciali meno marcate rispetto a quelli con ritardo mentale.

Soussignon, Schaal, Schimt e Nadel (1995) analizzano le espressioni facciali di bambini affetti da disturbi pervasivi dello sviluppo e di bambini che non presentano disturbi durante la somministrazione di una serie di stimoli olfattivi piacevoli e non. Dai risultati emerge che i soggetti autistici presentano durante l’esperimento diverse unità d’azione, il che secondo gli autori sarebbe attribuibile ad un loro deficit sociale. Nella loro analisi gli autori non hanno preso in considerazione una serie di elementi indispensabili per verificare o meno un deficit nella produzione delle espressioni facciali, in particolare non hanno annotato l’intensità delle unità d’azione e non hanno unificato i diversi movimenti facciali in base alle varie regioni del volto coinvoltevi.

Nel 2006 McIntosh et al. utilizzano l’elettromiografo per monitorare le contrazioni dei muscoli nella regione delle guance e della fronte di soggetti affetti da autismo durante la visione di immagini di espressioni emozionali del volto diverse. Lo scopo della ricerca è quello di appurare se i soggetti  autistici presentano una mimica automatica nel processo socio-emotivo. Le conclusioni parlano chiaramente di una minore attivazione muscolare.

Czapinsky e Bryson (2003) tentano di verificare il comportamento mimico del volto utilizzando il MAX (Izard, 1979) e giungono alla conclusione che alcuni soggetti affetti da autismo presentano una riduzione dei movimenti nella parte inferiore del volto, altri in quella superiore.

Nel 2012 viene pubblicata la ricerca di Jasna Legisa, fondatore di NeuroComScience, sulla rivista scientifica più importante del settore, il Journal of Autism and developmental disorders. Utilizzando una diversa metodologia rispetto alla ricerca di Czapinsky e Bryson (2003), si arriva allo stesso risultato: i soggetti con disturbi dello spettro autistico presentano meno movimenti nella parte inferiore del volto quando esprimono le emozioni. Quindi la lettura del comportamento non verbale di queste persone necessita di più accuratezza e di una competenza specifica.

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