UN ANALISI DEL MEDICALLY UNEXPLAINED SYMPTOMS
- 04-09-2015
- Amministratore
SCRITTO DA Pasquale Parise www.pasqualeparise.it
L’espressione “medically unexplained symptoms” (MUS) ha iniziato ad essere utilizzata con sempre maggiore frequenza negli ultimi 20 anni per riferirsi ad una serie di sintomi somatici che, pur presentandosi generalmente nell’ambito della medicina di base, non sono suffragati da evidenze cliniche soddisfacenti, non trovano spiegazioni ‘mediche’ accreditate, “non sono riferibili ad alcuna malattia conosciuta definibile convenzionalmente”(2) .
Alcuni di questi pazienti sono stati classificati nell’ambito della clinica medica attraverso delle patologie di dubbia validità (o comunque non unanimamente accettate dalla medicina ufficiale) le più note delle quali sono: la sindrome del colon irritabile (IBS) (gastrentorologia),la fibromialgia (reumatologia),il non-cardiac chest pain (cardiologia), la sindrome da stanchezza cronica (CFS, chronic fatigue syndrome),vari tipi di lombalgia (LBP, low back pain)(ortopedia), crisi non epilettiche psicogene (PNES, psychogenic non-epileptic seizure) (neurologia), disturbi funzionali gastro-intestinali (FGID, funzional gastro-intestinal disorders)(gastroenterologia), sindrome da dolore pelvico (CPP, chronic pelvic pain) (urologia e ginecologia), per citare le più frequenti.
La maggior parte di questi pazienti ricevono trattamenti di vario genere, approfondimenti diagnostici ripetuti, reiterati invii alla medicina specialistica con consumi di costi e risorse progressivamente crescenti. Tali pazienti si ritiene rappresentino le richieste di consultazione nella medicina generale dal 30 al 64% dei casi (3,4), e secondo alcune stime più del 20% tra i pazienti della medicina specialistica (5). Lo UK Forum for Mental Health in Primary Care ha stimato che i costi nazionali annui dei MUS per la spesa sanitaria superano i 3,1 miliardi di sterline (su 18 miliardi della spesa totale), riferibili ad un incremento dei costi dal 30 al 50% nei pazienti ambulatoriali, e intorno al 30% rispetto alle ospedalizzazioni (6). I costi stimati per la gestione dei disturbi somatoformi (che rappresentano solo una parte, e neanche maggioritaria, dei MUS) in Europa nel 2010 sarebbero stati intorno ai 21 miliardi di Euro (7). I dati sui costi e sulla prevalenza non sono facili da ottenere e da interpretare in quanto non c’é ampio consenso su come i medically unexplained symptoms dovrebbero essere diagnosticati, categorizzati e definiti. C’è da dire infatti che la definizione e classificazione dei MUS è a tutt’oggi argomento ancora controverso; infatti questi “sintomi inspiegabili” dalla medicina sembrano sfidare l’impalcatura concettuale della medicina ufficiale introducendo una serie di problemi che rimangono aperti e sembrano di difficile soluzione.
Problemi di terminologia
Diversi termini sono stati utilizzati per indicare la presenza di sintomi somatici che non possono essere spiegati da una patologia medica sottostante, di seguito vediamo quelli più rappresentati nella letteratura:
– isteria, conversione, somatizzazione: questi termini sono particolarmente problematici in quanto implicano il riferimento a problemi emozionali dei quali i pz non vogliono o non riescono ad avere coscienza. Tali riferimenti sono spesso inaccettabili per i pazienti e spesso portano a inferenze e interpretazioni più o meno improprie dell’osservatore.
– psicogeno, psicosomatico: questi sono termini estremamente aspecifici in quanto applicabili a gran parte della patologie organiche (dall’ulcera alle dermatiti, dall’influenza all’alopecia), e quindi rimangono termini generici che non esprimono significatività clinica.
– funzionale: questa è una delle parole/concetto più cauta e neutra in termini di riferimenti a supposti problemi psicologici dei pazienti, e in quanto tale molto ben accetta dai pazienti e nella pratica clinica. Il termine rimane comunque assolutamente aspecifico.
Problemi di rapporto medico-paziente
I MUS mettono a dura prova la credibilità e la competenza professionale dei medici e la credibilità e la legittimità dei pazienti. Spesso i pazienti in questi casi, dopo che molte terapie e molti approfondimenti diagnostici si sono rivelati fallimentari, tendono ad essere considerati ‘illegittimi’ e i loro problemi di natura fisica come ‘inesistenti’ o tutt’al più di natura psicologica (“cara signora, lei non ha niente…è tutto nella sua testa..”). D’altra parte, per il medico, è abbastanza frequente il non essere ritenuto sufficientemente bravo e preparato, con relativi atteggiamenti di squalifica e attacchi alla propria competenza professionale. Queste difficoltà si riflettono inevitabilmente nel rapporto medico-paziente, che viene quindi ad essere caratterizzato da tensioni e difficoltà reciproche. Nella pratica clinica da una parte c’è quindi la frustrazione del medico di fronte ad un paziente che non riesce a diagnosticare, e che gli evoca spesso sentimenti di impotenza; dall’altra ci sono le aspettative dei pazienti che richiedono una legittimazione, e quindi un aiuto, rispetto a dei livelli di sofferenza spesso invalidanti su molti aspetti della loro vita. “Avere una diagnosi da l’autorizzazione ad essere malato. Quello che prima era un disturbo, diventa ora una malattia” (8). In questi casi medici e pazienti sembrano spesso comportarsi da antagonisti che usano specifiche strategie per affermare la propria autorità, enfatizzando le reciproche diverse aree di competenza: la conoscenza della semeiotica medica da una parte, verso quella del proprio corpo, e dei vissuti della propria carne dall’altra. Allo stesso tempo, in queste condizioni, le esperienze dei medici e dei pazienti sono spesso caratterizzate da sentimenti di risentimento e ostilità reciproci. Ne sono un esempio le espressioni informali che spesso i medici utilizzano per questi pazienti, e per quanto riguarda la lingua inglese sono rappresentate da: ‘crocks’(diminuitivo di coccodrillo), “thick folder patients” (pazienti dai grandi faldoni, grandi cartelle cliniche), “frequent flyers” (‘viaggiatori abituali’ per indicare la loro tendenza a cambiare spesso medico), “heartsink patients” (pazienti che ‘fanno sprofondare il cuore’, in italiano, meglio, che ‘fanno cadere le braccia’). E dall’altra parte, inevitabilmente, osserviamo le lamentele e le critiche, spesso rivendicative, che si ritrovano nei commenti dei pazienti nei confronti dei medici. Ecco un esempio di un post preso da un social forum: “Fibromialgia non so se sapete cos’e’ , neanch’io lo sapevo fino a quando mi e’ ‘ stata diagnosticata : disturbo dei neurotrasmettitori una specie di reumatismo che colpisce i muscoli e le articolazioni… in pratica ,come mi ha spiegato l’ultimo reumatologo che mi ha visitato,e’ una malattia autoimmune , le difese immunitarie combattono contro gli anticorpi.. da questo combattimento scaturisce il dolore… dolore che non mi lascia mai… vivo con il dolore in tutto il corpo… noi fibromialgici abbiamo 18 punti doloranti nel corpo ,i tenders point. testa collo braccia gambe inguine ecc… soffriamo di gonfiori alle mani al volto alle gammbe, camminare diventa sempre piu’ difficile, il dolore non ci lascia mai neanche la notte…… Tutto e’ cominciato 3 anni fa dopo un influenza sono cominciati i dolori poi un giorno ero in scooter con mio marito e ad un tratto un dolore forte alla gamba sinistra mi ha bloccato!!!!!!! non riuscivo piu’ a scendere dallo scooter,al che vado dal medico… faccio le relative analisi e la diagnosi arriva subito Fibromialgia. ma cosa si puo’ fare chiedo… niente mi risponde il medico, bisogna conviverci, si tratta di nervosismo… …. io sono del parere che quando i medici non sanno trattare una patologia dicono subito e’ nervosismo ,ansia depressione .Da premettere che depressa non sono, come tutti ho i giorni si e giorni no , ansiona ? nervosa? nella normalita’….Da qui inizia il mio calvario da un medico all’altro non ancora finito .. all’inizio mi curano con antidepressivo che dicono agisce per il dolore, un mese di leggero sollievo e poi ritorno come prima, poi antinfiammatori vari che su di me non hanno alcun effetto, nel frattempo finisco 2 volte al pronto soccorso per dolore al petto…..(altro sintomo) ma neanche la voltaren ci puo’!!!!!!! adesso si’ che mi sento depressa!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! non c’e’ cura?????e continuo la mia vita … con i dolori esco, vado al lavoro quando posso o passo giornate a casa e a riposo…. Sono un tipo testardo e non mi arrendo, mi documento sempre, e finisco a palermo da un neurologo , dato che dicono che e’ una questione di nervi, mi sapra’ curare lui, spero ,e vado piena di speranze… e meno male…questo dottore ha suo padre che ha la fibromialgia e quindi mi capisce!!!Sa di cosa parlo! sa dei dolori, dei bruciori all’orecchio che ogni tanto mi tormentano, capisce bene perche’ e’ uno che li vive e quindi e’ uno dei pochi medici che si interessa di questa patologia… e mi trascrive un farmaco per il dolore , solo per il dolore ,e che per avere la cura per fermare la malattia mi spedisce da un reumatologo che tratta la fibromialgia…( il 16 di questo mese ho l’appuntamento.)mi spiega che se non mi curo non camminero’ piu’ e che ho perso tempo…con la cura sto un po’ meglio, dormo di piu’ riesco a fare piu’ cose …..sono stata con dolori allucinanti per tre anni grazie a medici ignoranti..dal mio medico di base neanche ci vado più, quando ha visto il farmaco che prendo ha solo saputo dire:speriamo le faccia effetto!!!!!!!! gli auguro un giorno di provare cosa significa ….vivere cosi’….e anche se so che non guariro’ spero in una cura che mi faccia stare meglio!!!!!!!!! “ (testo scaricato dal social forum: http://blog.alfemminile.com/blog/seeone_425104_8873463/Sogni/fibromialgia)
Problemi di epistemologia
Il problema dei MUS è legato ad una mancanza di spiegazioni causali attendibili, ad una carenza di modelli esplicativi diagnostici significativi e applicabili. Finora i modelli scientifici che ne hanno cercato di dare spiegazioni convincenti e, soprattutto di utilità per i pazienti, hanno fallito. Dai modelli psicodinamici dello scorso secolo, legati al mondo della psicanalisi, che tendevano ad interpretare il sintomo somatico come espressione di conflitti inconsci, generalmente a valenza libidica, al modello biopsicosociale, in cui l’etiologia del sintomo viene considerata multifattoriale, includendo come elementi causali fattori biologici, psicologici e sociali. “ Anche se il modello biopsicosociale enfatizza l’importanza della comprensione dell’esperienza del paziente, la base epistemologica rimane essenzialmente meccanicista” (9). Secondo una epistemologia di tal genere, che finisce per essere riduzionista, questi fenomeni possono essere spiegati attraverso fenomeni di livello progressivamente più basso: i fenomeni sociali hanno cause psicologiche che a loro volta possono essere spiegate da cause biologiche e biochimiche, che a loro volta possono essere spiegate da cause fisiche. Ma questa epistemologia non riesce a risolvere la problematicità dei “medically unexplained symptoms”, così come non riesce a cogliere la specificità dell’ esperienza umana (tant’è che finora ogni tentativo di ‘afferrarli’ e, soprattutto, di concordare su saperi e pratiche in grado di essere d’aiuto ai pazienti si sono dimostrati fallimentari). Un altro problema epistemologico sollevato dai MUS è quello relativo alla separazione psiche-soma. Da questo punto di vista i sintomi fisici possono essere compresi, e quindi spiegati, o come determinati da processi psicologici (“guardi che non ha nulla…è tutto nella sua testa..”) o come sintomi reali (con una oggettività fisica sottostante). E da questa prospettiva epistemologica i sintomi fisici dei MUS rimangono per definizione ‘unexplained’, quindi casi limite; ‘unexplained’ proprio in quanto sia la spiegazione psicologica che quella fisica tendono a rivelarsi fallimentari (10). In questo senso una prospettiva diversa, di tipo fenomenologico, dovrebbe essere più interessata al ‘che cosa’ rappresentino questi sintomi nella esperienza di vita di quel paziente e a ‘come’ accadano nella specificità della condizione umana (è questa una patologia su cui non esistono dati equiparabili della sperimentazione animale, a differenza dei modelli dell’ansia, della depressione o delle psicosi. Sarà un caso?), piuttosto che essere focalizzata sulla ricerca della spiegazione causale del ‘perchè’. Da questa prospettiva gli individui, in quanto esseri umani, non hanno semplicemente una malattia, ma sono correlati ad un certo modo di essere malati, si relazionano con esso in maniera peculiare, e questo relazionarsi con la propria sofferenza dipende da proprie caratteristiche esistenziali, dalla diversità degli stili di personalità, dalla specificità della propria storia di vita. Le vite degli umani riguardano e prendono forma da storia, linguaggio, significati, sistemi simbolici, esperienza, consapevolezza ed emozioni che insieme formano delle unità che solo in grado limitato possono essere spiegate razionalmente, o descritte da una scienza che basa sulla razionalità e su una cartesiana divisione mente-corpo le sue fondamenta (11). Ad esempio, secondo il modello teorico post-razionalista tale sintomatologia somatica é peculiare di un particolare stile di personalità, quello tendente all’ipocondria-isteria, caratterizzato dalla costituzione della propria identità attraverso una centralità della corporeità, intesa come corpo vissuto, e contestualmente attraverso un ancoraggio all’alterità, avvertita come sistema di referenza attraverso cui dare forma e senso alla propria esperienza emotiva (pensate al discorso sull’importanza e problematicità della negoziazione del ruolo di malato) (12). Il ‘proprio corpo emozionato’, cieco rispetto ai significati delle proprie emozioni, afferma in maniera prepotente la sua presenza, pur se in termini di malato/malattia, e richiede un riconoscimento identitario da un alterità che, spesso, è quella di una classe medica poco incline a legittimarlo. Da questa prospettiva è evidente come i “medically unexplained symptoms” rappresentino la crisi di un corpo che non riesce a farsi ‘carne’, e in quanto tale portatore di significati emozionali e riferimenti identitari, se non utilizzando il sintomo somatico, il proprio dolore, come modalità estrema e sofferente di riconoscimento di un’identità di ‘malato’. In qualche modo è un corpo che vive troppo intensamente la propria ‘carne’ senza avere il tempo e il modo per attribuirle significati esplicativi rispetto alla propria esperienza di vita, e si trova quindi in balia di un’alterità che si mostra comunque inadeguata per l’articolazione della propria vita emotiva.
Riferimenti bibliografici
1) Fink P, Rosendal M, Olesen F. (2005) Classification of somatisation and functional somatic symptoms in primary care. Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 39, 772-781.
2) Jackson JL, Passamonti M. (2005) The outcomes among patients presenting in primary care with a physical symptom at 5 years. J Gen Intern Med, 20(11), 1032-1037.
3) Steinbrecher N, Koerber S, Frieser D, Hiller W. (2011) The prevalence of medically unexplained symptoms in primary care. Psychosomatics, 52, 263–271.
4) Reid S, Crayford T, Patel A, Wessely S, Hotopf M. et al. (2003) Frequent attenders in secondary care: a 3-year follow-up study of patients with medically unexplained symptoms. Psychological Medicine, 33(3), 519-524.
5) Chitnis A, Dowrick C, Byng R, Turner PDS. (2011) Guidance for health professionals on medically unexplained symptoms. In Guidance for health professionals on medically unexplained symptoms. London, RCGP.
6) Gustavsson A, Svensson M, Jacobi F et al. (2011) Cost of disorders of the brain in Europe 2010. Eur Neuropsychopharmacol, 21, 718–779.
7) Jutel A. (2010) Medically unexplained symptoms and the disease label. Social Theory & Health, 8, 229-245.
8) Butler CC, Evans M, Greaves D, Simpson S. (2004) Medically unexplained symptoms: the biopsychosocial model found
wanting. J R Soc Med, 97(5), 219-222
9) Deary V. (2005) Explaining the unexplained? Overcoming the distortions of a dualist understanding of medically unexplained illness. J Ment Health, 14, 213–221.
10) Bibeau G. (2011) What is Human in Humans? Responses from Biology, Anthropology, and Philosophy. J Med Philos, 36:354–363
11) Arciero G e Bondolfi G. (2012) Sé, Identità e Stili di Personalità. Bollati Boringhieri, Torino.